martedì 14 aprile 2015

14. GNOSTICISMO E MANICHEISMO


Le religioni dualiste che prenderemo in esame, lo gnosticismo e il manicheismo, sono sorte entrambe dal monoteismo giudaico-cristiano. Il problema del dualismo è strettamente collegato, in ambito religioso, al problema dell’origine del male: riconosciuto il male come componente dell’ordine costituito si intende delegittimare Dio di qualunque responsabilità relativa all’origine di questo male, presupponendo l’esistenza appunto di due principi divini, uno dei quali è la causa e l’origine del male. Nel manicheismo abbiamo un dualismo radicale, nel senso che i due principi, quello del bene e quello del male, hanno uguale consistenza ontologica, mentre nello gnosticismo abbiamo un dualismo mitigato in quanto l’origine del male, per non minacciare l’unicità divina, si considera collocata all’interno della medesima essenza divina.
La gnosi
Con il termine gnosi si intende una forma di conoscenza religiosa che di per sé salva. La gnosi è una conoscenza totale, che quindi si oppone alla fede, e si radica nell’esperienza, genericamente umana, di divisione e scissione: tra sé e il mondo, tra sé e Dio, tra sé e sé nel senso dell’io empirico. La conoscenza gnostica si pretende in grado di superare queste dicotomie, recuperando l’integrità minacciata, restaurando l’unità perduta. Forme gnostiche di conoscenza salvifica sono presenti in numerose tradizioni religiose, teistiche e non teistiche, dall’induismo (con la sua dialettica tra atman e Brahman), al buddismo delle origini, dalla qabbalah ebraica alla tradizione islamica.
Lo gnostico è dunque colui che in virtù di una illuminazione o di una rivelazione – a seconda che prevalga l’elemento di intuizione interiore o della comunicazione esteriore ad opera  di una figura di salvatore – è in grado, ritrovando il proprio sé perduto, di superare una volta per tutte le lacerazioni presenti, ristabilendo l’identità originaria.
La prima forma di gnosi è lo gnosticismo, un movimento religioso sorto tra il I e II sec. d.C. e fiorito tra il II e III sec. d.C.. Pur essendo una “religione del libro” non considera normativi i suoi testi. La gnosi dello gnosticismo ha per oggetto quella che lo gnostico considera la vera realtà spirituale dell’uomo: il Sé ontologico, reale, consostanziale con la stessa sostanza divina. Tramite il racconto di un mito si narrano le vicende di quel dio particolare che è lo gnostico, ricordandogli le sue origini, esplicitando le cause dell’oblio che lo ha precipitato in questo mondo di tenebre e di morte, indicandogli, proprio attraverso questa ricerca del tempo perduto che la gnosi rende possibile, la via di salvezza. 

Considerazioni sulla credibilità teologica:

se esaminiamo l’aspetto del contenuto dottrinale di tale religione considerandolo come una formulazione umana (mentre nel manicheismo considereremo l’aspetto della rivelazione) occorre dire che, nonostante esso pretenda di essere una gnosi, una conoscenza, un sapere, in realtà è solo una fede, che presuppone un mondo mistico (Dio, anima) nel quale si darebbero una serie di relazioni causali (l’anima divina che è caduta nel mondo di tenebre, la via della gnosi per ritornare alle condizioni iniziali, ecc.) che risultano in realtà inaccessibili e incontrollabili dalla ragione umana, e pertanto a carattere congetturale. 

Il manicheismo
Il manicheismo è una religione gnostica universalistica che deve il suo nome al suo fondatore Mani (216 - 277 d.C.) vissuto sulle sponda orientale del Tigri. La sua formazione fu giudeo-cristiana ma con la sua vocazione si mise in opposizione alla teologia, alla escatologia  e ai rituali cristiani.
Mani avrebbe avuto due rivelazioni da parte di un angelo all’età di 12 e di 24 anni.
La prima rivelazione, che costituisce la sua vocazione, si presentò in forma di visita celeste: gli apparve un angelo chiamato at-Taum, che significa gemello, ed infatti Mani lo considerava il suo alter ego, il suo “io” da cui era separato. Questo angelo gli avrebbe comunicato il messaggio del “Re del Paradiso della Luce”, ossia l’ordine di abbandonare le comunità battista, alla quale apparteneva tutta la famiglia, non appena fosse diventato più grande. Questa prima apparizione sarebbe avvenuta il 1° aprile 228.
Dodici anni più tardi Mani avrebbe avuto la seconda apparizione, e precisamente il 9 aprile 240. In essa egli riceve l’ordine di agire pubblicamente, l’ordine della missione. Ecco come Mani stesso descrive la rivelazione: “Negli anni [… ] il Paraclito Vivente scese su di me e mi parlò. Egli rivelò il mistero nascosto che era celato ai mondi e alle generazioni: […] il mistero della Luce e delle Tenebre, il mistero del conflitto e della grande lotta che la tenebra suscitò. Mi rivelò in che modo la Luce vinse la Tenebra mediante il loro frammischiarsi e come fu stabilito questo mondo […]; mi rivelò il mistero degli Apostoli che furono mandati nel mondo a scegliere le chiese [ossia fondare religioni]…così mi fu rivelato dal Paraclito tutto quello che è stato e che sarà […] imparai a conoscere ogni cosa, vidi il Tutto per mezzo di lui, e divenni un solo corpo e un solo spirito” (Kephalaia, I, 14,29 – 15,24). Con questa seconda rivelazione inizia in modo ufficiale la nuova religione. Egli era convinto di essere l’incarnazione dello Spirito Santo e della Scienza Assoluta, di essere stato costituito Apostolo della Luce, l’Illuminatore e il Supremo Inviato di Dio, l’ultimo dei profeti, definitivo e universale, dopo Set, Noè, Abramo, Buddha, Zarathustra, Gesù e Paolo.
Alla luce delle rivelazioni ricevute, Mani iniziò la sua missione – dall’India all’impero iranico – allo scopo di annunciare il nuovo messaggio di salvezza all’umanità. Accusato d’impostura e di eresia (nei confronti della religione ufficiale di allora in Iran, lo zoroastrismo) fu condannato, gettato in prigione e immobilizzato con catene. Morì a 60 anni,  dopo una lunga ed atroce  passione.
L’intento di Mani fu quello di fondare una religione universale, accessibile a tutti gli uomini, che potesse mostrare la verità sull’uomo la sua origine e il suo destino in modo chiaro ed evidente senza ricorso della fede. A tale scopo scrisse lui stesso i libri che contengono le sue rivelazioni (7 libri: Evangelo vivente, Tesoro di vita, Libro dei segreti, Pragmateia, Libro dei giganti, Epistole, Libro dei salmi e delle preghiere)  dei quali permangono solo dei frammenti (altre notizie su di lui ci provengono dal Codice di Colonia e dallo storico arabo Ibn an-Nadim) ma sufficienti per avere un’idea del grande successo della sua dottrina e della sua religione. Infatti nonostante il manicheismo sia una religione morta da molti secoli (in occidente deve essere scomparsa nel secolo VIII) fu, a giudizio dello studioso H. Jonas, “la rappresentazione più moderna e unica del principio religioso gnostico”, e la sua dottrina ricompare ogni tanto nella storia, per es. nei movimenti eretici del paulicismo, bogomilismo, catarismo (XII sec).
La sua è una dottrina gnostica sincretista (incorpora influenze del cristianesimo, giudaismo, zoroastrismo, e varie sette gnostiche), ma non per questo senza originalità. Parte da una rigorosa analisi delle reali condizioni umane, una diagnosi: l’uomo, per il semplice fatto di esistere sulla terra, non può non soffrire. Egli è preda del male, per il semplice fatto che la sua anima è caduta nella materia e che, di conseguenza, ha perso la memoria del suo stato precedente la caduta. La salvezza consisterà nella liberazione dell’anima umana dalla materia e ciò sarà possibile solo con il suo ritorno alla memoria, con la ripresa della conoscenza di sé: una anamnesi. Questa è precisamente l’opera della gnosi o della rivelazione, che da una diagnosi e mediante una anamnesi perviene ad una prognosi.
La dottrina gnostica è dualista: se l’esistenza di un cosmo dominato dal male non può essere opera di un Dio trascendente e buono, allora occorre presuppore non solo l’esistenza di un avversario di Dio, ma anche l’esistenza pre-cosmica degli esseri e una condizione di benessere. Secondo Mani l’anima umana non è una creatura di Dio, ma una sua particella consustanziale a lui, una sua favilla che si è staccata ed è precipitata nella materia, dove è rimasta imprigionata, al punto da perdere la memoria della sua origine o di sé. Ma Dio che non dimentica le sue particelle alienate e vuole recuperarle, invia il suo Spirito, per ridestare le anime dal letargo in cui giacciono e accendere in esse la luce della conoscenza. Grazie a questa rivelazione le anime diventano consapevoli della loro alienazione divina e della loro caduta nella materia, riconoscono di essere consustanziali  a Dio e prendono vera coscienza di se stesse. La dottrina manichea prevede anche una conoscenza liberatrice per il corpo dato che l’uomo, se è consustanziale a Dio per l’anima, è consustanziale al mondo per il corpo. L’uomo sarà salvo quando conoscerà tutto di Dio e tutto dell’universo, e allora sarà anche veramente consapevole di sé. 

Considerazioni sulla credibilità teologica:

 riguardo al contenuto di tale dottrina, nel caso venisse considerato solo come prodotto umano, rinviamo alle considerazioni riguardo lo gnosticismo (per quanto il manicheismo sia più complesso). Se invece lo consideriamo un contenuto rivelato che, per quanto inaccessibile alla ragione umana, sia derivato da Dio, allora avrebbe un’autorità assoluta. Ma non è meno problematico convincersi di una eventuale rivelazione divina avvenuta ad un individuo. L’idea di rivelazione è quella di un intervento straordinario miracoloso di Dio nei confronti di un intermediario per fargli conoscere un messaggio divino che poi (in genere) dovrebbe diffondere agli altri uomini. Inoltre i contenuti di tale dottrina riflettono influenze del cristianesimo, giudaismo, zoroastrismo, e varie sette gnostiche del suo tempo, e questo non sembra convenire ad una rivelazione che viene dall’alto, quanto piuttosto ad una rielaborazione umana. Queste critiche rendono senz’altro problematica l’accettazione di una rivelazione come divina dichiarata da altri, se non è accompagnata da segni inequivocabili circa la sua provenienza soprannaturale. 

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