venerdì 3 aprile 2015

3. CONOSCENZA ORDINARIA E CONOSCENZA RELIGIOSA


La conoscenza umana deriva soprattutto dall’esperienza e dalla ragione.  L’esperienza comprende principalmente la percezione sensibile (conoscenza mediante i sensi), ma anche l’introspezione (conoscenza dei nostri pensieri e sentimenti), la memoria (conoscenza tramite il ricordo di certi fatti, etc), la testimonianza (conoscenza sulla base di quello che dicono gli altri, i libri, etc.), e, ma è più discutibile, l’intuizione (“sentire che le cose stanno così, senza sapere perché”). La ragione può essere intesa come “ragionamento” (e la logica è lo studio del ragionamento corretto) o come “facoltà” (gli esseri umani possiedono la facoltà della ragione, tramite la quale possono formare concetti e comprenderli).

Tipicamente in un’argomentazione le premesse sono date dall’esperienza da cui poi, con il ragionamento, si giunge alle conclusioni (e un argomentazione è ben fondata se le premesse sono vere e il ragionamento è valido). 
La conoscenza non è tutta dello stesso livello o evidenza, può essere più “forte” o più “debole”, a seconda dalla fonte dalla quale deriva, dalla sua immediatezza o meno, dal suo essere supportata da altre nostre conoscenze, ecc. Da qui nascono tutte le distinzioni sui “livelli” della nostra conoscenza: Kant distingueva tre gradi di credenza o di assenso: l’opinione, quando è sia soggettivamente che oggettivamente insufficiente; la fede (o convinzione) che è sufficiente solo soggettivamente ma non oggettivamente; il sapere, che è sufficiente sia soggettivamente sia oggettivamente.

Oggi la filosofia analitica concepisce la conoscenza come “credenza vera giustificata” dove con credenza si intende uno stato o un evento della mente (l’atteggiamento mentale che determina il grado di certezza con il quale gli uomini accolgono un’idea o considerano vera o assolutamente reale una cosa), con verità la corrispondenza tra un’asserzione e lo stato di cose a cui si riferisce, e con giustificazione si intende l’attività razionale che consente l’accettazione di un enunciato. Quindi si può notare che la conoscenza implica una credenza, che più sarà giustificata e più potrà essere ritenuta vera.  Se comunque usiamo il linguaggio di Kant, con il termine “fede” o “credenza” si può certo indicare una conoscenza sicuramente meno evidente che col termine “sapere”, però le due posizioni non vanno troppo separate perché non sembra esistere un sapere assoluto (se non quello tautologico) mentre invece può esistere una fede (o credenza) comune, e  potrebbe esisterne anche una religiosa, fondata su buone ragioni, cioè giustificata.  
Infine, noi crediamo molte più cose di quelle che ci è dato apprendere per esperienza diretta. Chi di noi si è mai preoccupato di accertare direttamente la verità di tutto quello che ci hanno insegnato a scuola? Pensiamo e agiamo più in base a un credere che non in base ad un sapere esplicito. Infatti l’uomo, finchè vive, attua la sua esistenza soltanto in modo che continuamente si muove oltre il confine di ciò che è da lui conoscibile e dimostrabile. Di questo dobbiamo ben esserne consapevoli, per non contraddirci sottostimando la fede o credenza - sia generali che religiose - e sopravvalutando l’evidenza e il sapere: come se potessimo vivere, e stessimo vivendo, di sole evidenze e certezze dimostrabili. In questo senso, è importante anche considerare la rilevanza esistenziale di una determinata conoscenza: una perfetta conoscenza di verità matematiche o comunque lontane dal nostro vivere, può essere inutile e meno significativa di una conoscenza incerta ma plausibile per esempio rispetto alla questione del senso o dell’assurdità della nostra vita. Naturalmente, in generale, noi vorremmo avere sempre conoscenze evidenti, un sapere certo; ma quasi sempre possiamo aspirare solo a conoscenze che siano il più possibile giustificate. Soprattutto perché più si è convinti di una realtà e più questa informa la nostra vita. Questo vale sia per le conoscenze comuni, che per quelle scientifiche e religiose. 


Ora, a quale livello si colloca la “conoscenza religiosa”? Le asserzioni religiose - per esempio l’esistenza di Dio e la sua natura, la rivelazione, il destino oltre la morte - come e quanto possono essere giustificate? Possiamo scoprirlo solo affrontando direttamente questi problemi alla luce delle conoscenze filosofiche, scientifiche e storiche attuali.
 

 BIBLIOGRAFIA

Aguti A., Filosofia della religione. Storia, temi, problemi, La scuola 2013, pgg. 129-180

Ferber R., Concetti fondamentali della filosofia, 1 vol., 1994, 2003, Einaudi 2009, pgg.3-97

Hospers J., Introduzione all’analisi filosofica, Mondadori 2003, pgg. 47-82

Hughes C., Conoscenza religiosa in N. Vassallo (a cura di), Filosofia delle conoscenze,

            Codice Edizioni 2005, pgg. 43-62

Timossi R., Decidere di credere. Ragionevolezza della fede, San Paolo 2012, pgg. 11-82



 

 

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